CIALDOMBRELLA srl

Una storia d’azienda

Il signor Giuseppe osservava suo figlio mangiare il gelato e non riusciva a nascondere un fremito di ansia, ogni volta che il cono si inclinava, dal polso alle labbra del bambino. Mancava un’ora al matrimonio di Roberto, fratello di Giuseppe, e il piccolo Andrea era vestito come un damerino – ci aveva pensato mamma, ovviamente, con quel rigore e quella cura per i dettagli che ogni madre acquisisce al momento del parto. Mamma Luisa aveva stirato la camicia, abbottonato i pantaloni e allacciato le scarpette, poi era toccato a Giuseppe stringere il nodo della piccola cravatta – “beh, almeno questo è dovere di papà”, aveva detto Luisa, sorridendo.

E ora, agghindato a quella maniera, più elegante addirittura dello sposo stesso, il piccolo Andrea rischiava di rovinare tutto, per colpa di quel cono oscillante che minacciava precipitazioni di crema ad ogni dondolio. “Lo prendiamo dopo il gelato” aveva detto Giuseppe, quando Andrea aveva indicato con il piccolo dito paffuto la gelateria artigianale I Tre Gnomi, “ora non facciamo in tempo, c’è lo zio che ci aspetta!”. Apriti cielo. Andrea aveva sbarrato gli occhi, e due grossi lacrimoni avevano iniziato a solcargli le guance, e più il bambino piangeva, più le gote arrossivano, e più le gote arrossivano più il magone in gola di Giuseppe si faceva ingombrante. “Va beh, dai. Due palline e basta però!”. Andrea aveva annuito sorridendo, stropicciandosi le mani l’una sull’altra, e nel giro di qualche minuto padre e figlio erano entrati e usciti dalla gelateria I Tre Gnomi: amarena e cioccolato per il papà, menta e fragola per il figliolo.

E ora, quel dannato cono era pericolosamente inclinato, e Giuseppe immaginava già le lamentele di Luisa, “ma insomma, cosa ti costava aspettare! Potevi prendergli una caramella, no? O un ghiacciolo, che ne so! Guarda come si è conciato adesso!”. E mentre Giuseppe ragionava sulle eventuali scuse da proporre alla consorte – “lo sai com’è quando si impunta! Se non fai come dice lui, si mette a piangere… E poi, insomma, non è che voglia dire, però un po’ di colpa ce l’hai anche tu eh. Come no? Ogni volta che ti chiede una cosa gliela compri! Ci credo che poi ci viene su viziato” –, mentre Giuseppe ragionava su eventuali cavilli, dicevamo, un’idea geniale gli accarezzò i pensieri, una di quelle idee paragonabili alle panchine girevoli – per non sedersi sulle assi bagnate –, alle tastiere per pc lavabili – per eliminare le fastidiose briciole che si incastrano fra i tasti –, ai frigoriferi con telecamera – così da sapere, quando sei al supermercato, cosa c’è nel frigo e cosa manca –, insomma, paragonabili a quelle idee modeste nella loro “macro-utilità”, ma geniali nella loro “micro-praticità”. La cialda ombrellata! Eccola, l’idea geniale che accarezzò i pensieri di Giuseppe! Un semplice cono a cornetto, munito di una cialda ad ombrello a circondare il cono stesso, così da raccogliere le eventuali gocce cremose che abitualmente colano dal gelato. L’ombrello di cialda avrebbe assorbito le stille cadenti, diventando un morbido croccante da spezzare con le dita o da mordere direttamente con i denti, e il problema delle macchie da gelato sarebbe stato risolto una volta per tutte.

 “La cialdombrella, un’idea di Giuseppe Chiaretti”, pensava Giuseppe, osservando suo figlio sorridere e il cono dondolare, i vestiti incredibilmente ancora intonsi. E improvvisamente, mentre già si immaginava sui cartelloni pubblicitari, sorridente di fianco alla sua creazione, un gocciolone di amarena gli rotolò suoi pantaloni, e Giuseppe vide il volto di Luisa deformato dalla rabbia, “tuo figlio riesce a non macchiarsi, e tu ti insozzi i calzoni! Ma ti rendi conto? Tuo figlio a cinque anni è più responsabile di te!”.

 Chi sa, forse la cialdombrella le avrebbe restituito il buonumore.

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